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  • Immagine del redattoreElisa Corallo

Storia del cioccolato dalla tavoletta al cioccolatino, passando per la ...farmacia!

Aggiornamento: 5 ago 2021

Ci eravamo lasciati con la storia del cioccolato in tazza, origine della cultura del cioccolato in Europa.

Come promesso continuo il racconto con la bizzarra nascita del cioccolato solido, dalle tavolette ai cioccolatini. O forse, più che bizzarra, dovrei definirla... “farmaceutica”?


Tavolette di cioccolato e cioccolatini
Tavolette di cioccolato e cioccolatini

Ricorderete che, in origine, il cioccolato era consumato in tazza come bevanda, ma non in versione solida da addentare e masticare come oggi.

Per essere più precisi, un antenato del cioccolato solido esisteva: si trattava di pasta di cacao, a cui erano stati aggiunti lo zucchero di canna e le spezie, il tutto pressato in degli stampi.

Questo prodotto però si consumava solo fuso nell’acqua o nel latte caldi: con un coltello si tagliavano dei larghi “truccioli” di cioccolato che si lasciavano fondere nella chocolatière, poi con il mulinillo (moussoir in francese) si agitava la preparazione per ottenere la schiuma prima di bere.


Il primo cioccolato solido da mangiare venne inventato solo nel 1779 da Sulpice Debauve (1757–1836).

È proprio qui che cioccolateria e farmacia si incontrano e si legano: Debauve era infatti uomo di scienza e appassionato di ricerche sul cacao ma anche primo farmacista di Luigi XVI.


Ora, siccome Maria Antonietta si lamentava del gusto amaro e sgradevole delle medicine che doveva prendere, Debauve ebbe l’idea di inserire le polveri medicinali nel cacao.

Grazie alle conoscenze acquisite con le sue ricerche, arrivò ad ottenere il primo cioccolato solido da sgranocchiare: le famose pistoles de Marie Antoinette.


Panoramica delle Pistoles de Marie Antoinette su Google immagini
Panoramica delle Pistoles de Marie Antoinette su Google immagini

Questi prodotti si presentavano con la forma di monete, e siccome queste in spagnolo erano chiamate pistoles, il nome venne mantenuto tale e quale.

Ancora oggi questa parola è di uso corrente fra gli chocolatiers (che usano anche pastilles come sinonimo): per una questione di praticità infatti, il cioccolato ci arriva in questa forma nei grossi sacchi da 15 kg. Questo permette di prelevare la quantità voluta senza dover “scalpellare” un intero blocco di cioccolato. Inoltre è molto più semplice è rapido fondere 15 kg di cioccolato in pistoles piuttosto che in blocco.


Per tornare a Debauve, il suo contributo al mondo della cioccolateria non si fermò alle famose pistoles, che furono solo l’inizio della sua carriera.

Egli superò indenne la Rivoluzione e riprese rapidamente le sue ricerche appena finito il Terrore grazie alle sue relazioni. Fra le sue conoscenze vi era infatti una certa Josephine Beauharnais: vi dice niente questo nome?


Nata nelle Antille da coloni francesi, Josephine permise a Debauve di ricominciare ad approvvigionarsi in cacao e a studiare.

Le ricerche di Debauve erano rivolte alla natura chimica del cacao ed alle varie fasi della produzione del cioccolato (in particolare fermentazione e torrefazione delle fave). Il soggetto più importante però era la separazione del burro di cacao dalla massa di cacao: raggiungere questo obiettivo era necessario per portare la produzione di cioccolato malleabile ad un livello superiore.


Ma non solo: Josephine fu anche moglie di Napoleone dal 1796 al 1809. Sotto la sua protezione egli riprese anche l’attività commerciale, dando vita ad una situazione abbastanza paradossale: le sue pistoles de Marie Antoinette erano ora vendute ai nuovi potenti, gli stessi che avevano condannato a morte i vecchi reali. Pare che anche Napoleone si sia avvicinato al cioccolato grazie a Josephine.


Debauve fece fortuna con i suoi “chocolats hygiéniques et de santé”: dopo aver ottenuto il brevetto di Chocolatier du Premier Consul, nel 1800 abbandonò definitivamente il campo farmaceutico per consacrarsi interamente alla cioccolateria: vendette la sua farmacia a Saint Germain e aprì la sua prima piccola boutique di Rue Saint-Dominique, finché nel 1818 si trasferì nei locali più grandi del numero 26 di Rue des Saintes Pères.


Cioccolateria Debauve-Gallais di Rue des Saintes Pères (Paris)
Cioccolateria Debauve-Gallais di Rue des Saintes Pères (Paris)

Dettaglio della facciata della cioccolateria col motto "utile dulci"
Dettaglio della facciata col motto "utile dulci"

Fece suo il motto di Orazio “utile dulci”: quello che in italiano è tradotto liberamente con “unire l’utile al dilettevole” in realtà letteralmente è “l’utile al dolce”. Personalmente, da pâtissier-chocolatier e ex classicista, non posso che trovarlo bellissimo e molto poetico.


Suo nipote, Antoine Gallais, si unì all’impresa e pubblicò nel 1827 “La Monographie du Cacao ou Manuel de l’amateur du chocolat”, un’importante studio sul cioccolato sotto tutti i punti di vista: etnobotanico (trattato sul “theobroma cacao”), culturale, sociale, economico e commerciale!

La boutique Debauve-Gallais da allora è sempre lì: fra i vari prodotti che propone, potete trovare ancora oggi le famose pistoles de Marie-Antoinette.


Il legame fra farmacia e cioccolateria non si esaurisce qui.

Lo sviluppo del settore prosegue infatti con manifatture sempre più avanzate tecnicamente, fino alle prime forme d’industrializzazione della produzione del cioccolato, che ne permettono finalmente la democratizzazione.

Jean-Antoine-Brutus Menier (1795-1853), fondatore della prima industria francese di cioccolato (tuttora fra le più conosciute in Francia), era anche lui farmacista.

La ragazzina con l'ombrello, logo Menier
La ragazzina con l'ombrello, logo Menier

Aveva installato una fabbrica di sostanze farmaceutiche nel quartiere parigino del Marais, e si era circondato dei migliori tecnici e operai dell’epoca. Menier non lavorava solo su prodotti strettamente farmaceutici, ma anche sul cacao (che era entrato nell’uso comune in farmacia da Debauve in poi).

Le sue ricerche lo portarono a sviluppare una macchina con macine in pietra, specifica per la lavorazione e la polverizzazione del cacao. Fu allora che trasferì la sua impresa subito fuori Parigi, a Noisiel, per avere a disposizione energia idraulica (le macchine funzionavano con un mulino sulla Marne) e ampi spazi.

L’attività funzionò così bene che, alla sua morte, il figlio Emile-Justin cedette il settore farmaceutico per concentrarsi sulla produzione del cioccolato.


Infine, ancora ad un farmacista, il Belga Jean Neuhaus, dobbiamo l’invenzione nel 1912 del cioccolatino, o meglio, della pralina.

La pralina, per intenderci, è il cioccolatino farcito, composto generalmente da una fondente ganache racchiusa in una sottile e croccante scocca di cioccolato (se non lo avete ancora visto, andate a vedere il video dove mostro una delle tecniche di fabbricazione).


Se avete un po’ capito l’andamento della storia, potrete immaginare come andò la nascita di questi gioielli della cioccolateria: anche qui si trattava di far mandar giù medicine con un po’ più di “dolcezza”, qualunque orrendo intruglio diventava molto più sopportabile se contenuto dentro una scioglievole ganache... altro che il banale "un poco di zucchero"!


La cioccolateria Neuhaus nella Galerie de la Reine (Bruxelles)
La cioccolateria Neuhaus nella Galerie de la Reine (Bruxelles)

Neuhaus è tutt'oggi uno dei marchi più reputati, e il suo negozio si trova a Bruxelles, nella Galerie de la Reine, che (insieme alla Galerie du Roi e alla Galerie des Princes), costituiscono il cuore commerciale della capitale, nonché vetrina delle più prestigiose cioccolaterie belga.


Qui termina la storia del legame fra farmacia e cioccolato, ma non preoccupatevi, sulla cioccolateria e la pralineria rimangono ancora tante altre curiosità tutte da scoprire.


Per andare più lontano:






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