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  • Immagine del redattoreElisa Corallo

Pasqua senza colomba... ma col nido!

Pasqua si avvicina, e se ancora non la sentite nell’aria, non potrete non trovarla nei negozi, che sono già pieni di uova e colombe. Non posso esimermi quindi dal parlarne anch’io: ecco allora il primo di una mini-serie di post dedicati all’argomento.

Oggi parliamo di pasticceria pasquale… senza colomba!



Nido di Pasqua montato su un Saint Honoré
Nido di Pasqua montato su un Saint Honoré


Credo che questa sia la prima volta che mi trovo in Italia per Pasqua da circa quindici anni, e la cosa che più mi salta agli occhi è… la colomba!

La colomba è il dolce pasquale per eccellenza in Italia… ma completamente assente in Francia.

Ora, essendo sempre stata fin da bambina un’amante dei dolci cremosi, la colomba (così come il panettone) non è mai stata fra i miei preferiti. (Anzi, essendo stata fastidiosa fin da piccola, mi rammaricavo a gran voce quando in tavola veniva portato quel dolce invece di un bel vassoio di paste, ma vabbè...).

Così, nei primi anni in Francia, quando ancora ero studentessa universitaria, la colomba non mi è mai mancata, né ho mai sentito la necessità di cercarla nei negozi. Pasqua per me era più che altro l’occasione di organizzare con gli amici pic-nic sui prati in qualche parco.


Quando poi ho cambiato mestiere, per ragioni professionali ho dovuto interessarmi alle tradizioni pasquali francesi in pasticceria.

Negli ultimi tre anni di lavoro sono stata infatti responsabile dello sviluppo delle ricette, non solo delle bûches de Noël (i tronchetti natalizi, che mi occupavano per quasi metà dell’anno), ma anche del dolce di Pasqua.

Ora, piccola precisazione: io lavoravo nella sezione della pasticceria, non mi occupavo quindi di lievitati, gestiti invece dai colleghi della panetteria (come spiegato in un altro post infatti, i boulangers si occupano della fabbricazione del pane ma anche della viennoiserie e dei lievitati in genere).

Tutti i miei prodotti erano quindi pasticceria fresca e cremosa, declinata di volta in volta in una forma particolare per richiamare il simbolo della festività voluta.


Ad esempio, per Natale era facile: qualunque cosa facessi doveva prendere la forma, anche stilizzata all’estremo, del tronchetto. Tutte le bûches moderne infatti ne conservano le fattezze allungate e strette, anche se non necessariamente l’aspetto “preciso” del tronco (né tanto meno il biscuit arrotolato con la crema al burro, ma qui ci sarebbe un mondo intero da raccontare: lo farò magari in un altro post).


Per Pasqua invece, la cosa si rivelò più difficile, soprattutto il primo anno, perché scoprii che non solo la colomba non esiste come dolce, ma l’immagine stessa non viene proprio riconosciuta/capita come simbolo pasquale.

Ora, la colomba, come saprete, è profondamente legata alla tradizione religiosa: nella Bibbia la colomba è simbolo di salvezza e di riconciliazione con Dio.

L’Antico Testamento racconta infatti che durante il Diluvio Universale, scatenato dalla collera di Dio contro gli uomini, Noè fece uscire la colomba tre volte dall’arca. La terza volta la colomba tornò con un rametto di ulivo nel becco: questo significava la fine delle ostilità fra Dio ed il suo popolo e il ritrarsi delle acque.

Questo stesso simbolo viene ripreso dai cristiani per la loro Pasqua: la colomba simboleggia qui la riconciliazione di Dio dopo il sacrificio di Gesù.


L’assenza della colomba dai riferimenti pasquali francesi era quindi abbastanza curiosa: Italia e Francia sono molto vicine culturalmente e, benché la Francia sia un paese più laico, condivide comunque con l’Italia la tradizione cattolica.

Oltretutto, tranne la colomba, abbiamo in comune anche tutte le altre immagini pasquali: l’uovo, le galline e i pulcini, senza dimenticare conigli e affini… tutti simboli di rinascita.

Ero davvero sorpresa e ne parlai con i miei colleghi e con il mio mentore, nonché ex maître d’apprentissage. Chiesi quale simbolo fosse allora riconosciuto e tutti mi risposero: il nido.

Ecco quindi la tradizione pasquale francese in pasticceria: qualunque tipo di dolce e di gusto si scelga va bene, basta “travestirlo” da nido ed il messaggio arriva immediatamente al consumatore.


Per darvi un’idea, ecco alcune delle mie creazioni realizzate per la grande distribuzione (la prima e la terza foto sono state fatte in laboratorio e mi scuso quindi della qualità dei colori, soprattutto il giallo è uscito molto male). Attenzione, si tratta solo di tre esempi assolutamente non esaustivi: la gamma di gusti, forme e colori è potenzialmente infinita.


Da sinistra potete vedere un entremets* (definizione alla fine del post) ai frutti esotici e pistacchio, al centro un Saint Honoré alla nocciola ed infine un altro entremets* vaniglia e ciliegia con croustillant ai semi tostati di lino, grano saraceno, zucca e girasole (quando i clienti vogliono prodotti più "salutisti" e sorprendentemente... buoni!).


In un certo senso si potrebbe dire che sia il trionfo della forma sulla sostanza, ma questo ha un indiscutibile vantaggio: la totale libertà di scelta del contenuto, in termini di tipo di dolce, di gusti e di texture. Ognuno può così trovare il dolce pasquale che più gli piace.


P.S. La bambina che è ancora in me approva e ringrazia.


* Entremets: tipologia moderna di dolce, costruito a strati (e montato grazie all'abbattitore), che unisce ad uno o più biscuits altre componenti cremose e/o di altre consistenze (è il gioco di textures diverse oltre che l'associazione dei gusti deve creare l'equilibrio). Anche qui c'è un mondo da scoprire, che vi racconterò in un altro post.




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