Torta dall’aspetto discreto e dalle fondenti mele caramellate appoggiate su una sottile pâte brisée, la Tarte Tatin è famosa per la sua cottura al contrario.
La Tarte Tatin si serve tiepida e fa pensare alle ricche case di campagna della Belle Époque, con cucine piastrellate e forno in ghisa. E’ uno dei dolci tradizionali francesi più classici e amati ma la ricetta è avvolta, se non dal mistero, almeno da una buona serie di leggende.
Per cercare l’inizio della storia dobbiamo risalire alla seconda metà del 1800, nel paesino di Lamotte-Beuvron.
Lamotte-Beuvron si trova in Sologne, regione ricca di boschi e cacciagione vicina ad Orléans.
Il villaggio, situato sulla Grande Route che collegava Toulose a Parigi, nel 1847 venne poi anche dotato di una stazione ferroviaria e conobbe un vero e proprio boom.
Stavano arrivando la Belle Epoque e le sue nuove idee, fra cui la nozione di tempo libero e di turismo. Meta apprezzata proprio per la caccia, il villaggio attirava un turismo di élite, fatto di aristocratici e borghesi di Orléans e di Parigi. Molti di loro vi comperarono anche delle case di campagna. La popolazione della cittadina triplicò e divenne una meta alla moda.
In questo florido paesino si trovava l’Hotel du Pin d’Or, gestito da Jean e Aimée Tatin. I coniugi Tatin avevano due figlie: Stéphanie, detta Fanny (1838-1917), e Caroline (1847-1911).
Pare che Fanny a trent’anni andò a lavorare a Parigi come cuoca e rientrò otto anni dopo in seguito ad un matrimonio mancato. Caroline invece rimase sempre a lavorare nell’attività di famiglia: brillante e carismatica era molto amata dai clienti.
Le due sorelle presero le redini dell’hotel nel 1878: Caroline accoglieva gli ospiti e Fanny cucinava per loro. Ebbero grande successo, tanto da far costruire un nuovo albergo, l’Hotel Tatin, che gestirono dal 1894 al 1906, quando vendettero l’attività per andare in pensione.
L’hotel, che si trovava proprio davanti alla stazione, disponeva di tre sale da pranzo al piano terra, una cucina che dava sul giardino (e sull’orto) e diciotto camere dotate di tutti i comfort dell’epoca. Accoglieva i turisti, spesso anche le feste del paese e le battute di caccia terminavano con un lauto pasto all’hotel e, ovviamente, con la famosa torta di mele.
Gabriel Hanotaux, scrittore e politico, descrive così nel 1899 la reazione dei commensali nel momento in cui “la tarte de Mademoiselle Tatin” fa la sua apparizione: “Un cri de satisfaction part de toutes les poitrines, une joie des yeux va au-devant de la galette triomphale. Elle est découpée, servie, avalée." (un grido di soddisfazione esce da ogni petto, gli occhi si posano con gioia sulla torta trionfale. Questa è tagliata, servita e inghiottita).
La leggenda sostiene che la Tarte Tatin sarebbe una creazione “casuale” di Fanny.
Secondo alcuni, con la sala piena di clienti, in un momento di pressione Fanny avrebbe sbadatamente messo zucchero e burro nello stampo con sopra le mele e infornato il tutto così, dimenticando la pasta sul fondo. Accortasi dell’errore, per rimediare rapidamente, avrebbe aggiunto la pasta sopra e cotto così la torta.
Secondo altri la creazione non sarebbe imputabile ad una dimenticanza ma addirittura ad una goffaggine: Fanny avrebbe fatto cadere la torta e, per non buttare tutto (in un’epoca dove buttare il cibo era un sacrilegio), avrebbe recuperato i pezzi e infornato così com’era, con la pasta sopra e le mele sotto. Secondo altri ancora, avendo parzialmente bruciato la torta, Fanny avrebbe gettato via la parte bruciata e recuperato le mele, aggiungendo sopra la pasta.
Ora, benché queste storie siano pittoresche, probabilmente nessuna di esse è vera.
Da pasticcera, posso dire che la prima storia è improbabile, perché non avrebbe senso mettere del burro e dello zucchero sopra la pasta (prima di aggiungere le mele): nella Tatin è fondamentale che lo zucchero e il burro siano a contatto col metallo caldo dello stampo per sciogliersi e permettere alle mele di caramellarsi e prendere i loro caratteristici colore, gusto e consistenza.
La seconda mi suscita dei dubbi sulla riuscita: rimettere semplicemente delle mele in uno stampo e cuocerle coperte di pasta non dà il risultato classico, le mele per essere caramellate correttamente necessitano del caramello e quindi, come detto sopra, di aver messo zucchero e burro sul fondo della teglia.
In termini tecnici, l’ultima potrebbe essere la meno improbabile, ma non mi convince perché generalmente quando qualcosa è stato bruciato ormai tutto il sapore è compromesso e non basta togliere la parte carbonizzata.
Allora com'è andata davvero la storia? Ve ne parlerò nel prossimo post.
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